Attraversare la vita e non farne esperienza. Questo è il timore che ogni tanto mi prende. Più vado avanti con gli anni, maggiore è la frequenza con cui bussa alla mia porta. Picchia forte e con prepotenza. Avrò vissuto o fatto altro? Mentre correvo, rinviavo, pianificavo e sognavo, quante volte ho spento la luce sul presente e le situazioni che mi proponeva per crescere umanamente?
Invece che provare direttamente (experiri) le portate che la vita ci apparecchia nei suoi diversi piatti, infatti, siamo tentati di scansare quelli che non ci appaiono gradevoli e che ci infastidiscono: allora preferiamo “passare” o immaginare un’altra realtà. Qualcosa che non ci faccia attraversare la sofferenza, l’inaspettato, l’indesiderabile, l’insuccesso. Una voce incalzante ci domanda: «perché dovrei farne esperienza?» Così, anziché attraversare la vita, l’unica che ci è donata, vi svolazziamo sopra senza toccarla, senza sporcarci le mani nella sua pasta e delle differenti tinte dei suoi colori. Pensiamo che questo comportamento ci regali una sorta di immunità. Anziché immergere le mani nell’impasto della vita, insomma, le alziamo come a dire che la cosa non ci riguarda. Questa scelta ci evita, per esempio, di chiedere aiuto. Di dire “ho bisogno, aiutatemi”. Cosa penseranno gli altri se lo facessi? Non sarei più quello che loro immaginano io sia.
Attraversare la vita chiede dunque anche autenticità. Significa attraversarla per come sono, non per come vorrebbero (molti) che io sia. Solo che a forza di non fare esperienza della vita – avendo costruito una protezione per evitarla – non ne abbiamo più neppure conoscenza. Il parlarne diventa così solo discorso superficiale, distaccato e «in-sensato» perché privato della forza di cui è dotata la testimonianza diretta, quella fornita dai sensi, l’esperienza appunto. Ora comprendo perché l’uomo ascolta più volentieri un testimone che un maestro, come ebbe a dire e scrivere, quasi cinquanta anni fa, papa Paolo VI. Aggiungeva nella Evangelii nuntiandi (41) che [l’uomo contemporaneo] «se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». Solo chi ha fatto esperienza può raccontare la verità che si è osservata. Altrimenti è retorica, costruzione artificiosa. Ma la verità non potremo mai conoscerla se ne scansiamo il presupposto.
Quando mi prende questo timore, il dubbio cioè se ho vissuto realmente o fatto finta di vivere, sono tentato di scavare nel passato. “Per farci i conti”, come direbbe e ha raccontato coraggiosamente Michela Marzano nel suo Stirpe e vergogna. Ho percorso più volte questa strada per rispondere alle domande che mi porto dietro. Devo confessare che ho provato sentimenti contrastanti e raccolto esiti incerti. Talvolta positivi e liberatori, altre volte il contrario. Il rischio di perdersi e trasformare questa indagine retrospettiva in una nuova scusa per non attraversare la vita, ora e in questo momento, è alto. Almeno per me.
Mi sto convincendo che il cuore della questione sia culturale, ossia un desiderio che ci sovrasta e induce a rifiutare di dare cittadinanza, nella nostra vita, a niente altro che non sia il piacere. Leo Buscaglia ha scritto così in Vivere, Amare, Capirsi: «La nostra civiltà ci fa ritenere che sia essenziale la gioia continua. Non conosco altre culture altrettanto votate al piacere. Ci perdiamo nella ricerca continua del piacere, e dimentichiamo che ci sono altre cose. Non appena ci sentiamo un pochino infelici, inghiottiamo una pillola o beviamo qualche euforizzante».
Insomma, appena percepiamo che l’esperienza del vivere può essere meno dolce di come ce l’aspettavamo preferiamo falsificarla. Così la droghiamo rendendola irreale e mutilando la verità di cui è portatrice. Trucchiamo la sua sostanza in altre parole. Prendendo solo quello che ci piace, però, non viviamo, ma fingiamo di farlo. Non attraversiamo la vita, ma ci passiamo di lato. Non la tocchiamo, ma vi svolazziamo sopra.
Alla fine di ogni anno prendo sempre qualche momento per domandarmi se, nei suoi trecentosessantacinque giorni nei quali si è srotolato come un tappeto, ho avuto il coraggio, almeno qualche volta, di fare esperienza della vita. O se invece l’ho sciupata irrimediabilmente. Cerco un aiuto per questa ricerca; lo trovo in un passaggio di Buscaglia:
«La gioia è una grande maestra. Ma lo è anche la disperazione!
La chiarezza è una grande maestra, ma lo è anche la confusione!
La speranza è una grande maestra, ma lo è anche la disillusione!
E la vita è una grande maestra, ma lo è anche la morte».
Trovo queste parole molto potenti. Le considero appropriate anche come riflessione di inizio anno, per dire a me stesso: «non svolazzare, sii pronto piuttosto ad attraversare la vita per farne esperienza». Non buttarla via, perché è la sola che hai. Non avere paura di sporcarti le mani nella sua multiforme pasta.
Mi tornano anche in mente – mentre i botti della mezzanotte ormai riempiono i vicoli del centro storico della cittadina dove mi trovo – le parole del saluto ai suoi ragazzi del prof. Pietro Carmina, vittima del crollo di Ravanusa, nel momento in cui si congedava da loro per andare in pensione. Li esortava così: «non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi: infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita, non “adattatevi”, impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose, caricatevi sulle spalle chi non ce la fa: voi non siete il futuro, siete il presente».
Attraversare la vita facendone esperienza è anche questo: farsi carico dei più fragili, ora non domani.
Giovanni Merlino dice
Sono rimasto piacevolmente colpito da questa riflessione trasparente e coraggiosa. Ogni giorno credo ciascuno si pone domande relative al proprio modo di interpretare la propria vita e spesso manca il coraggio di qualsiasi cambiamento. Però sono riflessioni come la sua che stimolano anche i lettori a provare ancora ed ancora a riflettere per capire se la propria esistenza là si sta conducendo proprio come si vorrebbe. La lettera del professor Carmina, portata alla luce da un episodio tragico, il fenomeno delle molte persone che soprattutto in America stanno abbandonando il proprio lavoro per provare strade diverse, la sua riflessione, la lettura dei testi e degli estratti da lei citati, aiutano comunque a migliorare o almeno a tenere attiva la tensione al miglioramento. La ringrazio pertanto della sua riflessione che credo sia già il primo passo importante del suo nuovo anno.
Gabriele Gabrielli dice
Grazie a lei Giovanni per il commento e l’augurio che mi fa! 🙂 Gab
Gabriella Valentinotti dice
Quanti stimoli mi ha lasciato questo potente dialogo . L’ ho riletto tante volte per trovare il coraggio di lasciare un commento fino a quando il concetto di attraversare la vita mi ha proposto l’immagine di una strada, un percorso, in cui mi ripropongo di non evitare nulla che possa farmi crescere . Strada in cui sono felice di averti incontrato . Io ,che come tanti, ti ho sempre chiamato maestro, professore , coach…, oggi aggiungo ” testimone di esperienza ” e quindi di vita.
Grazie per queste parole così potenti . Grazie per il invito finale di non lasciare indietro i più fragili
Per Gabriele Gabrielli da Gabriella 🙂
Per Gab da Gabry
Gabriele Gabrielli dice
Cara Gabriella, le tue parole mi toccano profondamente. Grazie per averle scritte, anche se sei troppo buona con me. Sono contento però che siano state di un qualche beneficio. Un forte abbraccio e speriamo presto di vederci Gabry 🙂
Gab
SiBio dice
Che bello! Sfilando le note e armonie del piano di sotto, questo primo dell’anno l’ho iniziato con una stupenda lettura dopo essermi goduto qualche ora di sonno in più, 2 peculiarità che di solito non fanno parte della mia vita (lo dico ironicamente parlando) sono poco solito sulla lettura e altrettanto nella scrittura purtroppo , allacciandomi anche alla convinzione “chi dorme non piglia pesci”. La vita è tutta un’esperienza e guardandoci indietro riflettiamo commemorando felici qualsiasi momento in cui abbiamo affrontato le situazioni apportando qualcosa di noi. È saggiamente scritto “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso”, ma così è troppo facile perché basterebbe non fare niente. Sarebbe molto più civicamamente adorabile invece cercare di fare, essere, capire per migliorare mettendosi in gioco esattamente proprio perché NOI siamo il Presente e spetta solo a NOI (anche nel proprio piccolo) l’impresa di creare un “Futuro migliore” . È questo l’augurio che mi viene di fare, affacciandoci alla finestra del nuovo anno 2022…. auguro a tutti il coraggio di migliorare
Gabriele Gabrielli dice
ma che bello questo commento Silvia 🙂 Grazie di cuore per il rilancio che fai. Forza allora, affacciamoci ala finestra … per realizzare un “futuro migliore” 🙂 Gab
Alessandro dice
Forse dobbiamo uscire dal nostro ambito di riferimento (e non solo dalla nostra comfort zone aggiungo) per poterci calare mani e piedi nella nostra esistenza. Magari intraprendendo sia nella realtà che nella mente un cammino per Santiago de Compostela?
Buen camino Gabriele!
Gabriele Gabrielli dice
Caro Alessandro grazie anche per il consiglio! 🙂
Gab
Angela Rossi dice
Molto bella questa riflessione Gabriele, davvero illuminante. E’ importante che ogni tanto ce lo domandiamo – se e quanto – stiamo “scansando”, se c’è del senso nel farlo o è invece solo valore che perdiamo. La scomodità va proprio frequentata, è solo nel non conosciuto, nel non garantito, che facciamo esperienza e progrediamo, e il più delle volte ci stupiamo di noi stessi. Aggiungo a questi tuoi bellissimi concetti una frase molto semplice che mi disse tempo fa un mio vicino, anziano e saggio, una frase arrivata allora come una pistolettata, che mi è rimasta a lungo addosso. Di fronte ad una mia lamentazione su qualcosa di sgradito, qualcosa che proprio “non sopportavo” mi sentii rispondere “beata te!”. Al mio ovvio sguardo interrogativo si era apprestato a rispondere “io non ne ho più di cose che non sopporto, le ho finite…” aveva fatto con sguardo mesto. “E’ così da quando ho capito che, tuffandomici dentro, in ognuna di esse trovavo delle soprese infinite, dei regali inaspettati che nessun’altra esperienza sapeva darmi”.
E’ proprio come dici. Stiamo nelle cose. Che la sanno più lunga di noi.
gabriele gabrielli dice
Grazie Angela! Tuffiamoci nelle cose allora 🙂 Buon anno Gab
Silvana Dini dice
Gabriele grazie per donare e condividere questi tuoi pensieri. Molte cose che scrivi risuonano in me…solo che per me più che dubbio è quasi una reiterata certezza che in ogni esperienza che attraverso ci sono sia lo spreco che il gusto della vita, in miscele diverse magari questo sì…e che entrambi le componenti vissute rendendosene conto possono aiutarmi ad evolvere nell’esperienza successiva.
Gabriele Gabrielli dice
Grazie Silvana per questa testimonianza e per il valore delle miscele! Buon anno, Gab
francesco rotundo dice
Grazie Gabriele! E’ una riflessione importante, potente, al tempo stesso d’aiuto e fortemente spiazzante.
Lo è nella misura in cui ti tocca personalmente e per me anche come genitore perché evoca il più bell’auspicio che io possa fare ai miei figli adolescenti che si affacciano alla vita, complessa, dei grandi.
Gabriele Gabrielli dice
Carissimo Francesco, grazie e ancora auguri! Gab