Luciano Floridi scrive che «senza dati da macinare l’Intelligenza Artificiale non sa cosa dire». Noi umani sì, invece, sappiamo cosa dire sempre. È una bella differenza, direi decisiva.
L’IA è alimentata dai dati, gli uomini dall’essere e dalla vita. Quest’ultima più è piena meglio stiamo.
È la stessa vita che distingue i due mondi, quello artificiale (è dotato di vera intelligenza?) e quello reale proprio degli umani.
La sorgente della nostra intelligenza (sarebbe giusto dire delle nostre intelligenze visto che ne abbiamo diverse) è dentro di noi, quella che alimenta l’intelligenza artificiale è «fuori» di essa. Sta altrove configurando un suo stato di dipendenza.
La prima (quella degli umani) è autonoma, la seconda (quella artificiale) è dunque eteronoma. Quella degli uomini poi è una intelligenza cosciente che esige responsabilità, quella artificiale non è libera di scegliere. Macina dati e calcola. Più ne macina e più i suoi calcoli saranno straordinari in precisione. Rimangono tuttavia calcoli. Tutto qua.
Gli umani invece si interrogano, immaginano, sognano. Almeno dovrebbero, comunque possono farlo. Soprattutto però creano.
Antongiulio Lombardi dice
E’ vero quanto scrivi Gabriele. Si potrebbe pensare che gli stimoli che tutti i giorni riceviamo in quanto intelligenze naturali siano simili ai dati che alimentano i sistemi di intelligenza artificiale. Ma in realtà c’è qualcosa di diverso ed [ancora] non replicabile dall’IA e tantomeno spiegabile: spesso le migliori opere dell’ingegno umano sono il frutto dell’isolamento ( che è strutturalmente assenza di stimoli esterni e, nell’esempio dell’IA di dati) ma queste opere artistiche, letterarie o scientifiche vanno ben al di là di ogni informazione già nella disponibilità dell’artista, letterato o scienziato.
Gabriele Gabrielli dice
interessante quello che scrivi Antongiulio! grazie Gab