«Il cambiamento non arriverà da lì dentro». Arrivano come un macigno le parole di Greta Tumberg scagliate dal palco di una fredda Glasgow. C’è dunque un dentro e un fuori. Un muro che separa e che rende inconsistente il dialogo. Due luoghi distinti: dentro dove si prendono le decisioni, fuori dove si protesta e si sciopera.
Al di qua del muro che isola i grandi della Terra, si alza la voce di disperazione dei più giovani che vedono sciogliersi, come neve al sole, le speranze di vivere in un mondo accogliente e giusto. Si sentono traditi. Il loro grido però si rompe contro il muro. Non basta nemmeno a far cambiare l’agenda di quelli «dentro» il pezzo di ghiaccio di un iceberg fatto arrivare a Glasgow dall’Artico. Un’efficace visualizzazione di cosa sta già accadendo al mondo se continuerà a prevalere il «business as usual».
Meglio leggere dai social e dalle agenzie quella voce fastidiosa che viene da fuori. Questa lettura avrà anche distratto i lavori dentro. Per evitarlo, sarebbe bastato invitare le giovani generazioni a parlare «dentro». Invece no. E cosa arriva? Un messaggio drammaticamente semplice: i grandi stiano con i grandi e i piccoli con i piccoli. Tutto questo non è paradossale? Sembra impossibile eppure è la realtà.
Il comportamento messo in scena a Glasgow ha colori foschi e tristi: mancanza di rispetto, sordità, non riconoscimento. Per riconoscere qualcuno, d’altro canto, bisogna fare un passo indietro. Riconoscere significa fare spazio, un movimento faticoso. Quello che abbiamo visto l’ha reso evidente. Ha indicato quanto sia ingombrante la sfida della giustizia inter-generazionale.
Quanto tempo dovrà passare ancora perché questa postura testarda e improduttiva si sciolga come il ghiaccio staccatosi dall’Artico?
Sandro Calvani dice
Tutti i muri della storia dell’umanità hanno sempre fatto danni gravi. Inoltre non hanno mai funzionato per lo scopo per il quale erano stati costruiti. Il più famoso di tutti, la grande muraglia cinese, non ha neanche avuto la soddisfazione di essere travalicato. Quelli che si chiusero dentro si autodistrussero di corruzione e furono sostituiti da un altro regime straniero al quale furono aperte le porte della muraglia. Separare significa allontanare e rendere impari ciò che era o dovrebbere essere pari. Il suo contrario è imparare e preparare il bene comune e il dialogo che è la vera meta di ogni cambio d’epoca. Come ho documentato nel mio libro “Senza false frontiere”, sono certo che anche il muro di Glasgow sarà superato da Gaia e dalle politiche olistiche e antifragili di prosperità inclusiva e sostenbile che stanno emergendo in ogni parte del mondo.
Gabriele Gabrielli dice
Grazie Sandro, condivido in pieno la tua riflessione! Gab
Arcangelo Cipolloni dice
Siamo ciechi e sordi agli avvisi della scienza e alle richieste della società, anteponendo al bene dell’umanità gli interessi dei poteri forti. Le lancette dell’orologio ahimè scorrono velocemente, il countdown che segna gli anni che ci restano per evitare gli effetti peggiori della Crisi Climatica, la Terra continuerà a vivere, mentre il nostro futuro dipende soltanto da noi. Impariamo dai dinosauri.
Gabriele Gabrielli dice
Proprio così Angelo!
Domenico Repetto dice
Credo che la relazione tra i due lati del muro sia molto complessa e ricca di sfumature. Da un lato la rabbia e la delusione contestatrice rappresentano l’espressione di un ricorrente conflitto generazionale che, questa volta, diventa ultra generazionale e si pone come questione non tanto la sostituzione di una generazione ad un’altra ma la capacità di quella nuova di potersi garantire un ruolo di classe dirigente nel futuro. In sostanza la mia chiave di lettura, nel tenere conto delle del tutto legittime ragioni di contestazione, si concentra sul fatto che chi protesta oggi teme non solo le conseguenze del riscaldamento climatico ma soprattutto il timore di non poter prendere decisioni nel prossimo futuro per mitigarne gli effetti. Ma il tema che credo sia più rilevante è quello che potrebbe accadere quando il passaggio generazionale sarà compiuto: siamo sicuri che queste nuove generazioni avranno il coraggio e l’opportunità di andare oltre la fase della contestazione e applicare concretamente le loro ricette? Oppure faranno come schiere di generazioni passate, nate incendiare e poi invecchiate pompieri? Dato che sono convinto che ciò possa accadere, confido molto nella capacità delle attuali generazioni mature di trovare una ragionevole soluzione…..
Gabriele Gabrielli dice
Domenico, grazie davvero per questo tuo articolato e interessante commento. Il tuo rilancio fa pensare in effetti. La questione che poni, in altre parole, è se le più giovani generazioni riusciranno – per dirla in altro modo – a diventare “forza di governo” e a prendere decisioni. Per riprendere il tuo spunto: le generazioni nascono sempre incendiarie per poi diventare sempre pompiere, o no? Intanto, questa è la mia opinione, diamo loro …la patente di guida. Ancora grazie e buona giornata Gab